Pensavo di avere sogni di cartapesta da ragazzina. Erano invece intrepidi e coraggiosi, preziosi come diamanti illusi di esser carbone. Disegnavano una casa grande appena lo spazio dell’amore. Il tempo giusto per ogni silenzio e le mani aperte per ogni emozione. L’incedere mai svelto di chi sceglie il sapore delle voci e della vita, di un tacere che arriva da lontano perché nulla è da fare, occorre solo serbar nel cuore memoria, occorre sapersi far carezza e volersi lasciare accarezzare. Una terrazza sul cortile del sempre ed una penna che sapesse scrivere oltre, ben oltre la gioia e ben oltre la fatica. Occhi che mi facessero risvegliare. Labbra che sapessero farsi casa e mani che sapessero non tremare, gote per sporgersi e porgersi a tocchi impetuosi e silenzi tutti da ascoltare. Capelli sciolti che anche il vento sapessero render gentile, tiepido e dolce. Respiro che non teme sguardi. Pelle che sapesse non bruciare, che si sapesse far seta e spine, spine capaci di divenir capanna mentre finalmente abbracciati si poteva dormire e riposare, mentre finalmente avvinghiati si poteva scegliere di servire e di non divenir servile. Lì scegliere non era paura, scegliere era voler più di ogni altra cosa “so-stare”. Scegliere era sentirsi e sapersi oltre, dentro e uno con ogni cosa, con l’unica certezza di esser forti da non voler più andare, tanto da consentirsi di lasciarsi fermare, tanto da scoprire un giorno che non erano sogni ma ricordi e che chi ricorda in ogni vita sa nascere più di una volta.
Tiziana Cerra
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