Quello di “affidarti”, di abbandonarti a quel sapere interiore che già c’è e che nessuno ti insegna è un viaggio di respiro e pazienza, di vuotamento dai contenuti prepotenti e condizionanti, di capacità di sorridere nonostante l’interlocutore, di arrabbiarti nonostante l’interlocutore, di essere nonostante l’atteggiamento di sospetto altrui mentre ti discosti però di un passo e poi di un altro ancora da ciò che ti sembra scortese, mentre lasci lo spazio necessario al riflettere tra te e l’altro, mentre torni a narrarti storie d’incanto che sappiano restituirti meraviglia nonostante tutto, quelle capaci di riaffidarti al silenzio, quelle che oltre ogni frastuono da sempre hanno la capacità di venire a prenderti negli anfratti dove talvolta ferito ti rintani.
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(Foto Neom, unsplash)