「七転び八起き」/“NANAKOROBI YAOKI/ “Cadere sette volte, rialzarsi l’ottava”. È CADO SE MI SPINGI MA È ANCHE SO DI SAPERMI RIALZARE SOLO SE MI CONSENTI DI SCIVOLARE, SOLO SE MI CONSENTI DI PERDERE L’EQUILIBRIO E SAPER CASCARE.


「七転び八起き」/“NANAKOROBI YAOKI/  “Cadere sette volte, rialzarsi l’ottava”. È CADO SE MI SPINGI MA È ANCHE SO DI SAPERMI RIALZARE SOLO SE MI CONSENTI DI SCIVOLARE, SOLO SE MI CONSENTI DI PERDERE L’EQUILIBRIO E SAPER CASCARE.

[七転び八起き] NANAKOROBI YAOKI
Cadere sette volte, rialzarsi l’ottava”.
È CADO SE MI SPINGI MA È ANCHE SO DI SAPERMI RIALZARE SOLO SE MI CONSENTI DI SCIVOLARE, SOLO SE MI CONSENTI DI PERDERE L’EQUILIBRIO E SAPER CASCARE.

“Passeggiavamo sotto la pioggia, una leggera pioggia, tu alla mia destra io al tuo fianco, indossavi un Haori chiaro ed io un kimono a fiori molto piccoli. Nulla copriva il nostro capo, avevo i capelli raccolti sulla nuca ed un hobi molto grande sui fianchi, non vedo case lungo il tragitto ed in quel paesaggio ma una strada sterrata, un cielo zuccheroso e ovunque profumo di legna bagnata. La mia mano destra sfiora la tua sinistra mentre sorridiamo, come in un giorno di sole che illumina la nostra pelle molto chiara, come in un giorno che non sa finire...”

Ricordi o memorie? Sentire ed esistere. Imparare a credere ai ricordi e a saperli ascoltare anche quando arrivano da un’altra vita, anche quando raccontano di sensazioni ancora sulla pelle e molto chiare.

L’esistenza che dipinge a chiare lettere, l’universo che urla il perché e ciò che è , affinché venga riconosciuto, affinché venga ricordato non dagli altri ma da noi.

Non è con i ricordi che cambiano il flusso delle cose ma i ricordi aiutano a rafforzare ogni debole sentire, ad affidarsi al nostro unico fluire.

I ricordi appartengono all’esistere e sanno cavalcare l’infinito tempo per non lasciarci soli mai.

È voler ricordare perché non basta saperlo fare.

Nulla si crea tutto si trasforma, così anche i ricordi così ogni energia dell’esistenza, così dall’infinito tempo.

Rinasciamo ogni volta per imparare una lezione in più, per aiutare una persona in più, per ispirare attraverso “brillanti realizzazioni” chi non sa più sognare, chi non sa più sperare.

Non è il tempo che trascorriamo con chi amiamo ma la nuova lezione che impariamo con chi amiamo, la consapevolezza nuova che con l’altro sviluppiamo, la nuova crescita che attraverso l’altro attuiamo.

Non è l’incontro con gli occhi di chi amiamo ma l’energia rigeneratrice che quella persona sa render funzione nella nostra vita, nel bene come nel male. Nella gioia come nel dolore.

È ricordarti che l’eco del dolore che senti può essere risolto ora, sa trovar guarigione adesso.

È il tuo “altro” se ti costringe come mai nessun altro prima ad interrogarti e ad evolvere, non se mischia i suoi calzini con il tuo reggicalze in lavatrice.

È il tuo “altro” se ti spinge e ti strattona, se ti accarezza e ti emoziona, se ti sfiora e poi si sposta, se è emozione e poi vento che fa perdere l’equilibrio, se è dolore e poi odio e poi di nuovo in qualche modo amore.

È il tuo “altro” se la sua funzione non è mai quella di spegnerti ma quella di accenderti. Accenderti all’esistere, al coraggio del resistere, alla forza di chi trova il suo posto, oltre ogni immaginazione, oltre l’altro.

Non è mai volerti liberare di qualcosa ma volerti fare attraversare. È tuo diritto ogni gioia ma è tuo diritto anche ogni dolore.

È credere che chi ami sappia mostrarti ogni energia restrittiva del tuo esistere, ogni carne ai vento del tuo insano respirare, perchè è bene che ti conosce, perché chissà quante volte ha influenzato il tuo vivere.

È comprendere che la sua funzione più grande sia quella di farti divenire spettatore di te e di ogni tuo limite,di ogni tua oscurità.

L’azione salvifica non è l’azione di chi sa renderti tutto più semplice piuttosto l’azione di chi sa renderti tutto funzionale.

È intuizione, è sentire, è percezione, è spesso profonda confusione e profondo dolore.

È sento ma non vedo ed è quel che vedo non mi sposta da quel che sento.

Liberarti di chi ti fa soffrire è liberarti di qualcosa “fuori da te”. È come se scrivessi un romanzo e d’un tratto ti accorgessi di poter fare di meglio e dessi fuoco al romanzo, non è il romanzo che devi bruciare, è te che puoi migliorare.

È il distacco eccessivo da te il vero problema, l’autocritica che poggia sull’ego e che ti spinge a cercare “fuori” l’eco di ogni dolore.

È accettare il contatto con te che l’altro riesce ad amplificare, a rendere così doloroso e così vivo, così reale e così impenitente e funzionale al tuo umano crescere.

È la ricettività a quel mondo di te che da sempre neghi e allontani, quello che da sempre temi e nascondi.

È coraggio di sentire te accettando l’altro, di percepire te non accusandolo.

È un passo prima del giudizio, è proprio dentro ogni dolore, è l’azione salvifica del male e del pianto, del dolore che affonda le sue radice nel vostro indubbio legame.

È:

“Niente più di quello che mi stai donando può aiutare i miei antichi modelli esistenziali a sciogliersi e a fluire ad aprire nuovi varchi e non a chiudere vecchie porte, a rimanere connesso a me, senza allontanarti. A sentire cosa profondamente amo e cosa profondamente temo, imparando non più a temerlo ma imparando a diventare più forte. È sentire quanto questa parte di te io la tema e davvero ed è scegliere ed è non volerla ma senza per questo giudicarla.

È dirti tutto questo ed è ricordarti non ciò che io ricordi ma ciò che tu stai proprio bene di me ricordando, ecco perché sai come muovere la mia vita, ecco perché sai inconsciamente come chiedermi di crescere e ancora e ancora e ancora...

È comprendere che se interrompo te interrompo me ed il naturale fluire che ovunque mi conduce.

È smettere di metterti a tacere per soffocare il dolore che in me generi, è stare in questo dolore attraversandolo, facendomi attraversare.

È dirti che ora so davvero che fai parte del mio esistere, ora che a te mi avvicino senza critiche, ora che con ciò che fai e muovi così tanto, identifico le mie paure e il mio sordo dolore,ma anche il mio crescere e ciò che per il mondo migliorandomi posso fare.

Ora che comprendo che liberarci è andare in fondo a tutto questo “insieme di noi”, graffiandomi ancora, cadendo ancora.

Ora che so che non è restare ma è convincermi almeno per una volta nella vita di fluire e sapere non scappare, perché non è tanto unirmi a te ma salvarmi da me stesso, di salvarmi da quel me che ha molta più paura di soffrire che coraggio e ardire di sfidarlo questo esistere, per saper esser chi da sempre so e sono, per saper essere felice”.

Tiziana Cerra Love Trainer
MASTER COUNSELOR - FORMATORE IN DINAMICHE RELAZIONALI - Specializzato in CAMBIAMENTO STRATEGICO nelle SEPARAZIONI e nelle DIPENDENZE AFFETTIVE (Consulente non medico)

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