NAGASAKI GIAPPONE 9 AGOSTO 1945


NAGASAKI GIAPPONE 9 AGOSTO 1945

Uno scatto doloroso che non chiede parole ma solo silenzio e riflessione. La foto simbolo di quel triste giorno, scattata da Joe O'Donnell, subito dopo l'esplosione.

Un bambino di Nagasaki di appena 10 anni trasporta sulle spalle il fratellino rimasto ucciso nel bombardamento atomico.

Il bambino è fermo immobile, sembra trattenere persino il respiro mentre assolve ad un compito più grande di lui, con una forza d’animo non proprio comune alla sua età, attende il suo turno per far cremare il corpicino senza vita del fratellino, che poggia sulle sue spalle mentre sembra dormire ha il capo reclinato, gli occhietti che sembrano assopiti, il volto sereno, sembrerebbe addormentato.

Pochi istanti racchiusi in una foto che farà il giro del mondo e che verrà resa nuovamente simbolo da Papa Francesco.

Una foto che racconta il dolore drammatico e dignitoso di un bambino che porta suo fratello al suo ultimo appuntamento in quella vita, il dolore sordo di chi nulla ha potuto contro la barbarie dell’uomo.

Quel piccolo bambino sembra dormire tranquillo trasportato dalla forza del cuore del suo grande grandissimo, fratello.

Il fratello rimane fermo, immobile, sembra quasi non voglia svegliare il fratellino. Ha lo sguardo fisso, stoico di chi con dignità e forza assolve al compito assegnatogli, di chi non ha altra possibilità se non quella di crescere troppo in fretta in un momento storico che ha segnato le vite di noi tutti, figuriamoci dei protagonisti del tempo.

Non piange, non può piangere, non c’è tempo per piangere in mezzo alla devastazione di un intero popolo, dove anche i bambini vengono chiamati al compito più arduo.

Poi gli uomini con le mascherine bianche addetti alla cremazione si avvicinano a lui: con estrema delicatezza pare sciolgano le fasce che legano il piccolo alla schiena del fratello. Lo prendono per le mani e i piedi e lo adagiano sulle fiamme. 

Il bambino allora si volta e silenzioso così come è venuto e con il cuore pregno di dignità, torna da dove è arrivato.

Joe, fotografo di questo scatto disse:
“Vidi questo bambino che camminava, avrà avuto all’incirca 10 anni. Notai che trasportava un bimbo sulle spalle. In quei giorni, era una scena abbastanza comune da vedere in Giappone, spesso incrociavamo bambini che giocavano con i loro fratellini e sorelline portandoli sulle spalle. Ma quel bambino aveva qualcosa di diverso”.

Il fotografo americano si era arruolato nello stesso anno con l’intenzione di combattere contro i giapponesi, ma venne poi assoldato per fotografare le due città devastate dall’atomica. Sposerà in seguito una donna giapponese e nel 50esimo anniversario dai bombardamenti si scusò con il popolo giapponese.
-“Voglio esprimervi questa sera il mio dolore e rammarico per il dolore e la sofferenza causata dai crudeli e inutili bombardamenti atomici delle vostre città … Mai più Pearl Harbor! Mai più Hiroshima! Mai più Nagasaki!”.-

Ricorderemo tutti questa foto, il volto eroico e dolcissimo di questo piccolo giapponese che a piedi nudi, con gli abiti smunti e consumati, con il cuore silenzioso e logorato probabilmente dalla paura e dal dolore , con uno sguardo fisso nel vuoto ma orgoglioso da imperturbabile soldato, rappresentava perfettamente lo spirito di una nazione che seppur piegata duramente, nessuno ha saputo spezzare.

Era il 1945, il Giappone e i giapponesi furono in grado di reagire sin da subito, con spirito eroico e grande determinazione, forti della loro coesione e dignità.

Era l’anno di uno dei più oscuri piani messi in atto dall’uomo, il Giappone e i giapponesi, a testa alta furono in grado di risorgere dalle ceneri di quel buio dolore, come la più nobile e fiera delle Fenici.

Tiziana Cerra

#pernondimenticare

COMMENTI


Aggiungi un commento (tutti i campi obbligatori)



Nome e Cognome
Email
Titolo
Commento